lunedì 15 dicembre 2014

Buon anno 2015



«Che fai a Capodanno?»
«Vado ad una festa di amici in una casa in campagna»

Dopo aver esordito con la classica domanda che ognuno di noi riceve 10 volte al giorno da metà dicembre in poi e con la classica risposta che viene data, aggiungo di cuore :

Buon anno 2015 a tutti voi

Vi auguro un futuro pieno di salute, serenità, amore..  soldi a palate, un’isola personale, un jet privato, 45 Ferrari, una interminabile fila di top-model che vi fanno la corte, una villa a Porto Cervo, uno yacht a Porto Rotondo, un ombrellone a Porto Potenza.

Siate felici, sempre circondati dagli affetti dei vostri cari, accompagnati dalle persone che vi vogliono bene..  in una crociera intorno al mondo della durata di sei mesi sulla “Imperial Transatlantic Luxury Line”.

Magari datevi una regolata il 31 sera, vi assicuro che non succederà nulla di nefasto e che tutti i miei precedenti auspici a voi rivolti si avvereranno anche se :

1)  tornate a casa prima delle 9 di mattina del giorno seguente..
2)  non percorrete 800 km di strada per raggiungere la festa più cool..
3)  non fate esplodere “bombe Maradona”, candelotti di dinamite e fucilate a destra e manca, con la scusa dei fuochi dell’ultimo dell’anno..
4)  tornate a casa senza essere completamente mbriachi..

Poi mi raccomando, allo scoccare della mezzanotte è d’obbligo l’invio selvaggio del messaggino di auguri, sempre quello, memorizzato da anni, standard per tutti.
Meglio ancora se il destinatario vi è praticamente ignoto o lo sentite una volta l’anno, appunto in questa occasione.
Un click e l’etere si intoppa così tanto da far arrivare il classico “Tanti auguri, buon anno“ anche due o tre giorni dopo. Ben fatto.


PS : per il cenone dell’ultimo dell’anno vi consiglio un locale eccezionale, il ristorante : “Dacce li soldi” di Antonietto Gatto e Pierello Volpe.
Il menù è da leccarsi i baffi :
- ravioloni di ricotta australiana ai funghi porcini del Lago di Pilato
- chitarra al ragù di stambecco con pecorino stagionato in grotta polare eremitica
- rotolino di tacchinella al finocchietto selvatico in crosta di sale marino dell’ Himalaya
- nodino carpacciato di scottona di Pollenza con crema al basilisco
- tortino di patate al guanciale di porcello con filetto di vitellino di Montefortino
- prosciuttello di maiale arrostito in porchetta con topinambur al forno
- filetto di manzo su pan bauletto al caprino, con fondo di cipolline dolci affumicate
- crepes suzette flambate all’arancia e Chinotto, con cioccolato e zucca all’amaretto

Su richiesta menù di pesce (stra-congelato).

Il tutto viene proposto a soli 385 euro, compresi lo spumante Sperone a mezzanotte e le trombette colorate. Si accettano pagamenti anche in comode rate mensili, cessioni del quinto e mutui ventennali.


Ci sentiamo l’anno prossimo.





sabato 6 dicembre 2014

Buon Natale reloaded



Attenzione : questo post è talmente acido che nemmeno 10 pastiglie di Magnesia smisurata aromatic vi impediranno il bruciore di stomaco dopo la lettura.. siete avvertiti.

Il 25 Dicembre è un giorno di grandi preparativi perché dobbiamo essere tutti più bravi, più buoni e pure più belli. Ci si sveglia presto la mattina per farsi il bagno, profumarsi e imbellettarsi come non mai e tirare fuori dall’ armadio il vestito della festa.
Tranquilli, dal 27 si ricomincia da capo, con i litigi condominiali, il clacson in mezzo al traffico e le frecciatine al lavoro.

Nel giorno di Natale il pacchetto fedeltà comprende:

1)  Presenza in Chiesa
2)  Magnata con parenti
3)  Scarto dei regali

1) Tutte le Chiese il 25 di Dicembre (insieme al 24 sera e a Pasqua) hanno il loro momento di gloria, un vero sold out, tutto pieno e posti in piedi.
Centinaia di nuovi fedeli occupano ogni pertugio dei sacri templi e seguono le celebrazioni cantando, sorridendo e stringendo mani, sotto gli occhi incuriositi degli altri fedeli, presenti ogni domenica ed abituati a comportamenti più discreti.

L’occasione è ghiotta per una bella sfilata in vetrina e così, oltre a giacche, cravatte e tailleur, ecco cappotti, sciarpe bianche e pellicce varie diventare protagoniste.
La differenza poi, tra Messa di mezzanotte del 24 e Celebrazione di Natale sta nelle svampate di pesce che arrivano da ogni dove: dai vestiti, dalle persone, dagli aliti scatenati durante i canti a squarciagola.
Un altro elemento che indica la differenza tra le due Celebrazioni è lo stato della maggior parte dei partecipanti: a Natale sono più svegli e pimpanti, il 24 sera hanno l’occhio semi-chiuso, la panza già piena e qualcuno di loro approfitta pure per una pennechetta con russatella a scoppio.


2) Alla fine della Messa del 25 arriva la magnata con i parenti : a casa o al ristorante ci si prepara comunque ad un evento epico, quasi sismico.
Personalmente a questo momento della giornata preferirei un inseguimento di 10 ore da parte del Mastino dei Baskerville, nella nebbiosa e notturna brughiera inglese.

La magnata con i parenti rientra spesso nella cosiddetta “sagra de lo finto” , dove sono di ordinanza i sorrisi, le pacche sulle spalle, i baci, gli abbracci e tanta gioia e felicità che devono sprizzare da tutti i pori..
Al convivio sono presenti i classici parenti che vedi una volta l’anno (ed un motivo ci sarà) : la zia di secondo grado, la cugina con il marito e i nipotini, la sorella della madre del pronipote della nuora e pure qualche estraneo, che passava sotto casa e si è imbucato.
La conversazione durante la magnata è da suicidio, le classiche chiacchiere sul tempo, sul lavoro, sulle fidanzatine, tutto mieloso e zuccheroso, da far venire il diabete mellito di 3° grado in un battibaleno.
In compenso vicino a te c’è sempre il bimbino con il seggiolone che ti tira i tortellini e inzuppa le manine nel brodo del tuo piatto.
Dopo 27 antipasti e appunto gli immancabili tortellini con brodino di gallinella ti senti già pieno come un otre, sarà poi il Bellini iniziale con le tartine che ti dà quella clamorosa sensazione di sazietà, succede comunque che già a questo punto la tua pancia invoca pietà e la cintura dei pantaloni comincia a contenere pressioni inusitate.
L’allegro pasto continua con i secondi, 15 contorni misti, olive e creme fritte, l’insalata russa, il nonno pure, la frutta, l’ananas il panettone, il torrone siciliano, il pandoro che piace tanto ai piccolini e la zuppa inglese.
Il tutto innaffiato da vini bianchi, rossi e spumantelli vari.

Tempo stimato : 3 ore de magnata.

Intanto la cintura dei tuoi pantaloni è arrivata a “livello vulcano”, in attesa di eruzione dopo due milioni di anni di inattività e sei sudato come una capra, nonostante tu abbia tolto ormai da tempo la giacca, appoggiandola dietro la sedia.
I bambini, come da manuale, scorrazzano da tutte le parti, strappano le palline di Natale all’abete, rovesciano in terra qualsiasi cosa ed insistono per aprire i regali, nonostante i rimproveri dei genitori.

Il sacro pasto scorre lento, fra battute, sorrisi, barzellette e frasi fatte e si arriva al brindisi finale, quando i conviviali, alcuni dei quali già mbriachelli, alzano i calici per il “cin-cin” declamando a turno i buoni auspici per l’anno nuovo.
In questo momento il tuo desiderio è quello di aria fresca, cielo azzurro sopra la testa e silenzio eremitico e con questi segreti propositi incocci il bicchiere con l’ignoto parente alla tua destra, rovesciando lo spumante sui pantaloni.

Con il caffè, l’ammazzacaffè, il limoncello, la grappa e il Fernet Branca per chi ha esagerato la battaglia sembrerebbe avviarsi alla conclusione quando senti una vocina che invoca immediatamente lo scarto dei regali.
Ti stavi appunto alzando dalla sedia, che ormai ha preso la forma del tuo sedere, per sgranchirti e fare almeno due passetti, quando capisci di essere in trappola e mestamente rimani al tuo posto.


3) Una delle cose che amo di più è scambiare con le persone care qualche pensierino, grande o piccolo o insignificante che sia, guardare i loro visi sorpresi e sorridenti e scambiarci in questo modo tutto il nostro affetto, da persone appunto che si vogliono bene.

Questo nei miei sogni.. in realtà ogni 25 Dicembre mi ritrovo, malcapitato, in mezzo a barbari, minorenni iper-attivi e sconosciuti vari che stringono, abbracciano e sputacchiano come se d’un tratto tu fossi il loro più caro amico.
E allora si sprecano i regali tristi : le confezioni da bagno, con la saponetta, la crema mani e il bagnoschiuma Erbolario, la camicia, il libro, il profumo, le magliette e le cravatte, orrende quanto basta..

« Grazie è bellissimo!! »  si recita ogni volta.
« Davvero ti piace? »
« Si, si, proprio quello che volevo »  e già pensi a dove buttarlo quando tornerai a casa o a chi riciclarlo.

Il tavolino del soggiorno è ormai pieno di carte, fiocchetti, scatole e sacchetti, tutti ringraziano e sorridono e qualcuno comincia a sentire il peso dell’evento, anche a causa delle panze piene e del vinello trincato.
La giornata si è protratta ormai fino a metà pomeriggio, il volume di commenti, risatine, scherzi e sollazzi è diminuito, gli astanti sembrano pronti al ritiro, i guerrieri rinfoderano le loro spade e tu ti senti sollevato, quasi rasserenato.
Pochi istanti dopo arriva la simpatica vocina : « Adesso è l’ora dei giochi, preferite TOMBOLA o MERCANTE in FIERA ? ».






martedì 25 novembre 2014

Una sosta all' Autogrill



Viaggiare in autostrada mi mette allegria, forse perché la associo alle ferie, alle vacanze, all’estate, agli spostamenti per raggiungere gli aeroporti e i luoghi di villeggiatura.
In mezzo a queste lunghe scie di asfalto sei anche più sereno: non ti trovi nello stretto e caotico traffico cittadino dove suoni il clacson 10 volte al minuto, alzi il dito medio per salutare la gente e ti indisponi leggermente durante le file al semaforo.

Tutto inizia al casello dell’autostrada, ai cui lati sostano perennemente automobili in doppia e terza fila, una specie di mercato viaggiatorio 24 ore su 24.
C’è chi aspetta il pullman per la gitarella di un giorno, chi ha appuntamenti di lavoro, chi incontra qualche amico, chi sosta per magnasse un panino ed anche chi approfitta per affari loschi. Con il furgoncino delle bibite e il kebabbaro staremmo a posto.

Superato il momento della curiosa osservazione mi avvicino all’entrata dell’autostrada ed ogni volta, fissando il cartello del Telepass, penso che mi prenderebbe un colpo vedere la sbarra che si alza mezzo secondo prima del passaggio dell’auto, con il rischio di schiantarsi se rimanesse chiusa.

Quasi felice di questa mia arretratezza tecnologica arrivo al pulsante rosso da premere per far uscire il biglietto di viaggio e mi accorgo di NON arrivarci..

Tragedia.

Ma come? Ho il vetro abbassato, il mio bel braccetto di fuori e non ci arrivo?
Mi sporgo come un contorsionista e mi aiuto pure con una penna ma niente da fare.
A questo punto, leggermente agitato dalla fila che si sta formando dietro di me, apro lo sportello.. che va a cozzare clamorosamente contro l’alto marciapiede del casello.
Io che sono maniacale nella cura della mia carrozza rossa non oso pensare al danno provocato, anche una piccola bozza mi toglierebbe il sonno per giorni, ma faccio finta di niente, mentre mi rendo conto che lo sportello aperto mi impedisce ancor di più di arrivare al pulsante.

Panico.

La fila dietro di me è aumentata, i clacson suonano che è una meraviglia e le facce inferocite degli automobilisti mi ricordano l’ultimo film dell’orrore che ho visto: “L’alba dei morti viventi”.
Non mi perdo d’animo e con l’agilità di un pachiderma esco dall’altro sportello, faccio il giro dell’auto ed arrivo al prezioso pulsante.
Le macchine dietro ormai sono più di dieci, le ultime non ce la fanno più e cominciano a cercare entrate più libere, i rimanenti sono inferociti come formichieri e premono il clacson tipo martello pneumatico, rivolgendo verso di me parole non proprio edificanti.
Riparto più veloce che posso e mi infilo nello svincolo, ripensando soltanto dopo se la direzione presa fosse quella giusta..

Superato questo piccolissimo intoppo sono ormai tranquillo in autostrada, ma il biglietto di viaggio è ancora nelle mie mani.
Lo vorrei infilare in quell’affare sopra la testa che si tira giù per ripararsi dal sole, che in una parola sola si chiama PARASOLE, ma non riesco.
Dopo 3 o 4 tentativi alla cieca desisto e lo metto nel cassetto porta-oggetti.
Dal cassetto porta-oggetti delle automobili si può tirar fuori qualsiasi cosa, tipo borsa di Eta Beta : penne, block notes, fazzoletti, profumi, straccetti pulisci-vetri, caramelle, accendini, lattine, resti di panini, astucci e così via..
Sono quindi abbastanza certo di non ritrovare il piccolo bigliettino nel momento del bisogno.

Sto guidando da un quartarello quando due elefanti della strada decidono di superarsi davanti a me.
Stare dietro a due camion con rimorchio affiancati non è proprio il massimo, mi mette una leggera ansia, così tento di rilassarmi facendo finta di trovarmi dietro ad una gara di tartarughe giganti, che fanno a chi arriva prima all’insalata.
I tempi sono un po’ lunghi.
Mi giro a guardare a destra e sinistra e noto un cartello pubblicitario con la classica scritta da autostrada : “Dio c’è”.
Faccio in tempo a leggere anche una irriverente continuazione al di sotto: “o ce fà”.
Mentre rido da solo, come i matti, mi rendo conto di avere un pò di fame e di dover fare “plin plin” quindi decido di fermarmi all’Autogrill.

L’ Autogrill dell’autostrada rappresenta l’essenza del viaggio in automobile, lo status-symbol del girovago che si rispetti, non ci si può non fermare in queste oasi immerse nel deserto d’asfalto che si sta percorrendo.
Una sosta nell’Autogrill dell’autostrada è come l’aperitivo prima di cena, è come la partita di calcetto con gli amici, è come la sbirciatina giornaliera su facebook.. è INEVITABILE.

I mercati e i centri commerciali non hanno più la loro attrattiva, i negozi di souvenir e gli alimentari non sono nulla al confronto di ciò che si può trovare all’interno di un Autogrill :
- c’è il reparto “riviste, giornali e libri”, aggiornato con gli ultimi successi editoriali (pure quelli a luci rosse) per accontentare ogni tipo di lettore..
- c’è il reparto “gastronomia”, con le specialità praticamente di tutta Italia, non soltanto della regione in cui ci si trova, dai formaggi ai liquori, dai vini alle birre, dai salami alle crostate. Se qualcuno volesse fingere un viaggio chissàdove potrebbe comprare nell’Autogrill vicino casa i regalini da riportare agli amici senza destare sospetti.
- c’è il reparto delle “cose sfiziose”, tipo il robottino parlante che risponde al saluto, il peluche che canta e piange se non lo coccoli e altre robine del genere..
- c’è chi azzarda anche il reparto ”varia”, con scarpe, catene da neve, shampoo, ferri da stiro tascabili, set da cucito e capi di semplice abbigliamento, tentando di assecondare tutti i desideri e le aspettative.

Il bancone con la caffetteria e la vetrina con i panini pronti sono però il vero simbolo e quindi una immancabile presenza per ogni Autogrill che si rispetti.
Non so perchè, forse per qualche strana congiunzione astrale, ma ogni volta che entro in Autogrill davanti al bancone incontro sempre :
1) la bellona che sorseggia il suo caffè, tutta truccata e imbellettata, come in perenne passerella, consapevole di attirare gli sguardi di poveri mariti e adolescenti super ingrifati.
2) la famigliola in viaggio, insieme ai loro bimbini che scorrazzano da tutte le parti, con in mano Coca-cola e merendine.
3) il manager rampante in giacca e cravatta che sorseggia la sua bibita e parla di lavoro al telefonino, senza regolarsi con il volume della conversazione.
4) le due-tre coppie di giovani in viaggio con le rispettive fidanzate, vestiti in jeans strappati quanto basta, cappucci, felpe e spavaldi come pochi.
5) la gita scolastica, con gli alunni che entrano tipo mandria di bisonti, pronti a saziarsi con patatine, Fanta e cioccolato, mentre i loro insegnanti rimangono fuori, facendo il conto alla rovescia per il ritorno a casa.

Quando arriva il mio turno decido di ordinare uno dei “mitici panini da Autogrill”, d’altronde sono l’elemento fondamentale per un sano ed allegro ristoro.

Ed il RE dei panini da Autogrill è il CAMOGLI.

Questo nome, che ci fa ricordare il bel paesino ligure, è una vera prelibatezza : due fette di focaccia calda farcite con Emmenthal, prosciutto cotto, qualche foglia di lattuga e pomodorini sono il nonplusultra della “goduria paninesca”.

Dopo il riposo, la magnata e la bevuta, mancano soltanto due cose per completare degnamente il rituale :

1) l’acquisto del biglietto della Lotteria
2) un salto alla Toilette

1) Le statistiche delle vincite alla Lotteria ci fanno sognare, le grandi città e gli Autogrill autostradali sembrano maggiormente baciati dalla fortuna, la bea bendata strizza l’occhiolino a coloro che qui tentano la sorte e quindi perché rinunciare ad un sogno.
Se io vincessi il primo premio della Lotteria Italia rimarrei tranquillo, sobrio e discreto nei miei comportamenti..
La prima cosa che farei sarebbe di entrare a lavoro con infradito, occhiali scuri e telo da mare, anche di inverno e mandare educatamente a quel paese tutti i colleghi antipatici.
Poi mi comprerei 42 Ferrari, un aereo privato, 12 yacht e una ventina di ville con piscina, tutte sul mare, con spiaggia privata.
Concederei il saluto soltanto a ricconi, VIP e top-model e mi farei fotografare ai gran premi di Formula 1, nelle tribune d’onore, alle feste e agli eventi super mondani.

2) Passando letteralmente dalle stelle alle stalle, prima di ripartire bisogna fermarsi alla toilette.
I bagni dell’Autogrill non sono proprio il massimo della vita, il livello igienico medio è pari a quello della fogna centrale di Calcutta.
Mettersi seduto sulla tazza del WC, toccare il pavimento magari per raccogliere qualcosa che è caduto o soffermarsi troppo su maniglie e manopole dei lavandini equivale ad un suicidio batterico-viral-dermatologico.

In genere ci sono delle scale da scendere e quando arrivi in fondo trovi il tavolinetto con il cestino per le offerte, un po’ anacronistico di questi tempi, ogni tanto qualcuno invece di contribuire si porta via direttamente il cestino.

Si capisce subito quale è l’entrata dei bagni delle donne, c’è sempre la fila.
Un po’ per “motivi anatomici”, che prolungano i tempi, un po’ per “civetteria femminile” le donne in bagno impiegano sempre più tempo degli uomini.
L’uomo nella toilette fa quello che deve fare, in genere nemmeno si lava le mani e subito dopo esce felice e rigenerato.

La donna ne approfitta per fare qualsiasi cosa.

Dopo aver fatto “plin plin” infatti, l’altra metà del cielo si avvicina al lavandino e si lava mani, viso, collo, ascelle, piedi e si cambia pure la biancheria.
Se non c’è il sapone tira fuori il suo detergente personale, al profumo di muschio bianco artico.
Superate le abluzioni appoggia la borsetta sul lavabo e apparecchia con i trucchi, l’eau de toilette, i fazzolettini, il pettine e l’asciugacapelli portatile.
Dopo 35 minuti la donna esce dal bagno, in genere mentre il fidanzato sta chiamando i carabinieri per denunciarne la scomparsa.

Al termine di questa piacevole sosta si ritorna comunque in carrozza, con la mente ed il fisico ritemprati, pronti a continuare il nostro viaggio verso il Sole.. quando una lucina arancione ci ricorda di non aver fatto benzina.





lunedì 10 novembre 2014

Buona Domenica



Dal secondo capitolo del libro: “Una domenica da paura”.

Abbiamo lasciato il nostro essere umano medio al centro commerciale, di sabato pomeriggio, nella selva oscura degli acquisti, in mezzo a carrelli, camerini, vestiti e regalini, sognando di uscire a riveder le stelle e di godersi almeno una tranquilla domenica di pace.

Sognando appunto.

Già la domenica mattina non si annuncia benissimo al nostro eroe, che sente suonare un campanello alle 7.50.
Si sveglia di soprassalto con il terrore negli occhi, in 20 secondi ha lo spazzolino in una mano e la tazza del caffè nell’altra, il pettine fra i denti e i pantaloni semi-infilati.. quando capisce che non è Lunedì mattina e che a suonare non è stata la sveglia ma il campanello di casa.

Al citofono ci sono dei simpatici omini, che si annunciano festosi come dei testimoni, vestiti con una bella camicia bianca a maniche corte e una cravatta blu, chiedendo di salire per un colloquio sulla vita e sull’amore.
A questo punto l’essere umano medio vorrebbe riempire il serbatoio di nafta del suo lanciafiamme per una piccola svampata, ma respira profondamente ed esprime un cordiale diniego alle richieste di colloquio.
Subito dopo corre verso la camera e si ributta a pesce sotto le coperte, sperando di tornare presto tra le braccia di Morfeo.

Passano 5 minuti e comincia un rumore che ha l’intensità di un Tornado che vola a bassa quota, in realtà è la vicina che ha acceso il malefico aspirapolvere per le pulizie della domenica.
Il rumore dell’aspirapolvere quando una persona sta dormendo è la cosa più fastidiosa del mondo, più della goccia del lavandino che perde, più della serrandina che sbatte con il vento, paragonabile soltanto ad una puntata di “Pechino express”, interrotti di tanto in tanto dalla pubblicità dei materassi della Ferilli.

Ormai nervoso come una iena l’essere umano medio perde il sonno e si alza per fare colazione, accolto in cucina dalla montagna di piatti sporchi della cena con gli amici del sabato sera.
La giornata scorre sorniona fino all’ora di pranzo, quando viene consumato il classico banchetto della domenica: una magnata fotonica di pasta al forno, secondo di carne, contorni, pastarelle, frutta, caffè e ammazza-caffè per digerire.

Dopo pranzo il nostro amico anela sano e meritato riposo, seduto a panza piena sul divano, con la televisione accesa su “Quelli che il calcio..” per fare due risate, seguire i risultati delle partite e conciliare l’immancabile pennechetta.

Mentre sta sognando di essere il Sultano del Brunei nel suo harem personale viene bruscamente svegliato da una vocina che gli dice:
«Andiamo al cinema? Voglio vedere quel film che ti dicevo»
“Quel film che ti dicevo” è una palla tremenda, talmente noioso che una tribuna elettorale in confronto diventa un cartone animato dell’Ape Maia, talmente pesante che in confronto la Corazzata “Potionkin” di Fantozzi diventa un’allegra commedia americana.. ma fa molto “colto ed “intellettuale” andarlo a vedere.

L’essere umano medio si sente in trappola, propone una bella passeggiata al Sole, un piacevole giretto sul lungomare, due passi ai mercatini del centro.. ma non c’è niente da fare, la compagna insiste dolcemente sul cinema.

I cinema di oggi non sono più come quelli di una volta, ora ci sono i “multisala”, dove nella stessa serata vengono proiettate una decina di pellicole diverse.
Quando iniziano i film l’altoparlante suggerisce il numero delle sale da occupare e mucchietti di persone si spostano per raggiungerle, un po’ come lo smistamento di una catena di montaggio.
Ai vecchi tempi il cinema si trovava in città, aveva un’unica sala, le poltrone non erano comodissime e non c’era il porta-bibita sul bracciolo.. ma c’erano un calore ed un’atmosfera sicuramente diversi.
I posti a sedere erano liberi e una volta fatto il biglietto ci si affrettava, facendo finta di niente, per trovare la posizione migliore, né troppo vicino né troppo lontano dallo schermo.

Ora ci sono i biglietti numerati.

L’essere umano medio e la sua compagna, ottenuti i preziosi tagliandi, entrano nella sala numero 3, i biglietti sono G12 e G13 e inizia subito la ricerca della fila, che non si capisce mai quale è.
La sala è tutt’altro che piena è lei ha la una bellissima idea:
«Mettiamoci qui, questi sono meglio, tanto non c’è nessuno»
Puntualmente, quando si spengono le luci e inizia il film, arrivano i veri proprietari dei posti, con tanto di biglietto numerato in mano e ci si deve spostare costringendo l’intera fila ad alzarsi.
I posti giusti sono stati ormai occupati da altre due faine e così il nostro essere umano medio, rosso come un peperone e di nuovo nervoso come una iena, per non creare un terremoto, propone di sedersi in due poltrone laterali, le prime che vede libere.

Non si sa mai dove mettere i giubbetti, se lasciarli sopra le gambe, creando un effetto serra che fa sudare come capre o appoggiarli sul posto vuoto più vicino, con il pensiero continuo che qualche simpaticone si freghi il portafoglio.
Dopo queste piccole sistemazioni, proprio quando l’essere umano medio si sta per appennecare, facilitato dalla pesantezza della pellicola e dal calduccio, finisce il primo tempo.
Una botta di luce investe il nostro malcapitato che, insieme alla vista di tante persone che si alzano, crede in un miracolo e nella fine del film.
Subito dopo una soave vocina lo riporta alla realtà:
«Mi vai a prendere i tacos e la Coca-cola?»
Un sussulto lo colpisce.
Al pensiero di quella roba la pasta al forno, lungi dall’essere digerita, si è mossa pericolosamente nel suo stomaco.
Con l’eleganza di un elefante in una cristalleria l’essere umano medio, per non scatenare le ire della compagna, si alza e si dirige al bar del cinema.

Il bar del cinema durante la fine del primo tempo non si augura a nessuno.

Una massa di gente, che sembra non bere e non mangiare da settimane, si accalca in file mostruose per accaparrarsi pop-corn, ogni tipo di bibita, panini veloci (surgelati), stuzzichini messicani super piccanti e chi più ne ha più ne metta.
Dopo circa una ventina di minuti si riesce a tornare in sala, con il film che naturalmente è ricominciato, con il buio quasi completo e con il serio rischio di rovesciare qualcosa sopra ad ignari spettatori.

Due ore e mezzo non passano mai e l’attenzione dell’essere umano medio è da un pezzo rivolta alla coppia al lato che sta limonando e al vecchietto davanti che sta russando.. quando arrivano gli insperati titoli di coda.
Si aprono le porte per la libertà, l’aria fresca e le stelle nel cielo.
Subito si mette in coda per uscire dalle classiche porte di sicurezza, che vengono aperte a fine proiezione, quando sente la solita vocina che gli dice:
«Tienimi il cappotto e la borsa che devo andare in bagno».



 

venerdì 24 ottobre 2014

Il centro commerciale



Dal primo capitolo del libro: “Terrore ai grandi magazzini”.

L’essere umano medio si alza la mattina, quando il Sole è ancora in pigiama e la temperatura ad una cifra, per raggiungere felicemente il suo posto di lavoro.
Spesso è la pioggia a salutarlo per primo sulla porta di casa, insieme a quel buio che non è né giorno né notte, come un sipario ancora chiuso sul palcoscenico della giornata che deve aprirsi ai suoi occhi.

Il lavoro che svolge ogni giorno è tanto piacevole per lui quanto indossare un paio di mutande di ortica o camminare a piedi nudi sui carboni ardenti o guardare l’Arena di Giletti per due ore di fila, interrotto soltanto dalla pubblicità dei materassi di Mastrota.

Ciò che tiene in vita l’essere umano medio è l’avvento del Sabato, che preannuncerebbe 48 ore di sano e meritato riposo.
Ma è proprio di sabato pomeriggio che arriva la botta tremenda, la gentile richiesta, in genere della compagna, di andare a fare un giretto al centro commerciale.

Memore delle esperienze passate cerca disperatamente ogni scusa per evitare il tragico evento, una diarrea improvvisa, un forte mal di testa, arriva perfino a togliere due candele dal motore dell’auto.. che però si mette in moto ugualmente.

Il parcheggio del centro commerciale di sabato pomeriggio non si augura a nessuno, tutti gli istinti primordiali possono violentemente riaffiorare in noi, regredendoci a barbari sanguinari pronti a tutto per l’agognato posto auto.
E allora vedi automobili girare in tondo, come squali in cerca di preda, doppie file di macchine che si infilano dappertutto sperando di arrivare prima degli altri, manovre di tutti i tipi per occupare ogni singolo pertugio.

C’è chi si affida alla “strategia dell’inseguimento”: un pedone che cammina con le chiavi in mano è l’obiettivo primario, piano piano gli si và dietro, tipo maniaco seriale, fino a quando raggiunge la sua auto.
«Scusi, esce?»
L’indice della mano sinistra, come un tergicristallo impazzito, puntualmente delude le nostre aspettative indicando un netto NO.
Il nostro amico pedone deve soltanto appoggiare la micro-spesa di 50 gr nel bagagliaio per avere le mani libere e tornare allegramente all’interno del centro commerciale.

Anche la “strategia dell’attesa” ha il suo perché: ci si ferma in un punto casuale del parcheggio e si attende furtivi un’auto che esca nelle vicinanze, a quel punto si ingrana la marcia e ci si fionda sperando di battere tutti sul tempo.

C’è poi chi sguinzaia la moglie per cercare agilmente un posto libero, come un soldato in avanscoperta prima dell’arrivo dei mezzi pesanti.
La persona si piazza in mezzo al parcheggio libero con le mani alzate, per richiamare l’attenzione del suo caro e rivolge sguardi minacciosi alle ignare auto che passano lì davanti pensando anche loro di avercela fatta.

Alla fine il nostro essere umano medio riesce a trovare un buco dove infilare la sua Peugeot 106, tra una siepe e la scarpata del campo vicino, il tutto a circa 1.5 km di distanza dall’entrata del centro commerciale.
Immediatamente deve sorbirsi il rimprovero della fidanzata che avrebbe voluto trovare posto all’ombra, davanti all’ingresso principale e possibilmente un maggiordomo per aprirle la portiera e darle il benvenuto, declamando la sua bellezza.

Appena scesi incontrano subito gli immancabili omini che chiedono simpaticamente qualche spiccetto o tentano di vendere fazzolettini e quant’altro con una insistenza tale da far innervosire anche Suor Cristina..


Finalmente dentro, il nostro essere umano medio si rende conto che il caldo-umidiccio all’interno delle gallerie del centro commerciale lo sta facendo sudare come una capra e allora il carrello della spesa si riempie subito di maglia e giubbetto.
L’aria consumata poi e gli strani odori sono pari a quelli di una classe di 35 alunni alla quinta ora di lezione, senza aver mai aperto le finestre.
In compenso, vista la bolgia di persone, ci si può immunizzare per bene, entrando in contatto con qualsiasi tipo di batterio e virus di stagione.

C’è davvero un mare di gente: famiglie intere con prole al seguito, coppiette, adolescenti in tiro, uomini, donne, persone anziane, un miscuglio di età, razze, lingue e modi di fare che in confronto la Torre di Babele diventa una piazzetta di provincia..

A questo punto, osservando i suoi occhi piangenti e temendo un istinto suicida, la compagna dell’essere umano medio lo rassicura: «Dai che facciamo subito, solo un giretto»
Dopo 2 ore è ancora davanti all’ennesimo negozio di abbigliamento aspettando che lei si provi i fuseaux colorati e che trovi la magliettina giusta..
Però si accorge di non essere solo, altri uomini sono in fila con i carrelli davanti ai vari negozi, in attesa della loro amata, con quell’aria affranta-rassegnata che un pò lo consola.

Riprendendo il pellegrinaggio, la nostra simpatica coppia passa davanti ad Euronics e a lui viene voglia di vedere qualche novità in ambito informatico.
Dopo 3 minuti la compagna comincia a sbuffare tipo stufa a vapore perché lui la sta facendo aspettare troppo e gli chiede: «Andiamo a prenderci qualcosa al bar?»
(N.B. : i due bar del centro commerciale sono presi d’assalto: file alle casse e bancone strapieno di persone che ingurgitano caffè, pizzette, pastarelle, mokaccini e tovagliolini)


Verso le 7 di sera l’essere umano medio si rende magicamente conto che il tuo sogno sta per realizzarsi: varcare quella soglia ed uscire all’aperto, dove ad aspettarlo ci sono uccellini cinguettanti, tanta aria fresca e un cielo ancora limpido.. quando sente una vocina che sussurra: «Voglio passare anche da Bata a vedere quelle scarpe che ti dicevo, solo un attimo» .





lunedì 6 ottobre 2014

Alle poste

Si definiscono POSTE quei locali dove il colore dominante è il giallo e dove curiosi esseri umani sono soliti trascorrere ore della loro vita cercando di pagare bollette e bollettini.

Alle poste si misurano le reali virtù di una persona.

Attraversare il Grand Canyon a piedi a ferragosto?
Nuotare in mezzo agli squali?
Buttarsi dal grattacielo con il paracadute?

Bazzecole in confronto ad una FILA all’ufficio postale.

I benefici effetti di 12 anni di yoga e training autogeno possono sfumare in pochi secondi, con la mente persa fra bollettini, F24, libretti, bonifici, pacchi e raccomandate.. ed è un attimo passare al lato oscuro della forza.

L’utente medio che si reca alle poste, appena entrato, cerca disperatamente la colonnina giallo fluo, per districarsi nell’operazione della scelta del numero per la fila.
Accecato da questa botta di colore si accinge a premere il pulsante argenteo relativo alla lettera A (che nel dubbio dovrebbe andare bene per tutto) ma premendo il bottone si muove tutta la colonnina e non esce nessun foglietto.
Dopo 5 o 6 prove, con una fila di 20 persone dietro, inferocite come iene assassine per il tempo che stanno perdendo, l’utente medio in qualche modo blocca la colonnina con una mano e preme il pulsante con l’altra.

Il tabellone segna A017, lui ha A060..

Una quarantina di persona davanti, posti a sedere zero.
Dopo 20 minuti di attesa, le scarpe che gli fanno male ed un discreto mal di schiena, comincia a rassegnarsi ed a guardarsi intorno per passare il tempo.
Il giubbetto lo ha già tolto e lo tiene in mano, infatti alle POSTE la temperatura interna sta sempre sui 30-35 gradi, d’estate e d’inverno, temperatura ottimale per la foresta pluviale amazzonica.

Nei moderni uffici postali c’è un discreto numero di posti a sedere, classiche poltroncine di legno richiudibili disposte in due o tre file, tipo cinema anni’80 o sale convegni a spende poco.
Le prime file sono le più gioiose, in genere occupate da simpatiche vecchiette in attesa della pensione, che però starerebbero lì anche senza un motivo particolare, giusto per chiacchierare un pò con i vicini di seduta e godersi tutto il resto dello spettacolo.
Nelle altre file, in ordine sparso, ci sono i normali utenti, pieni di bollettini e documenti sulle mani, con i loro mille pensieri e l’espressione del viso discretamente triste.
Gli outsiders sono i giovinotti che arrivano di tanto in tanto per ricaricare la postepay o pagare qualche tassetta universitaria e gli stranieri che chiedono lumi su come spedire le cose più assurde ai loro paesi di origine.
C’è poi la bellona di turno, sempre in piedi per sfoggiare il fisico prestante, fintamente assorta in pensieri manageriali, che quando arriva il suo turno regala ai presenti la sfilata di moda Prêt-à-porter autunno-inverno 2014.

Ma torniamo all’utente medio, che sta aspettando ormai da una mezz’oretta, sudato come una capra, con il giubbetto e la maglia sulle mani e i gabbasisi che gli girano a manovella.
Il suo sguardo viene attratto dal Poste Shop, un angolo dell’ufficio dove sono esposti libri, album e vari articoli da regalo, una via di mezzo tra una bella idea per passare il tempo morto e una presa in giro che sottolinea ancor di più le lunghe attese.
Dalla parte opposta invece fa la sua bella figura il bancone della telefonia Poste Mobile.. alla fine mancherebbe soltanto un piccolo supermercato e un angolo bar per il SERVIZIO COMPLETO.
Un’altra cosa che l’utente medio nota, quando la sua attesa sta ormai sfiorando i 40 minuti è che nel malefico tabellone segna-numeri la lettera A esce ogni morte di papa, anticipata sempre dalle colleghe  E.. L.. C.. P..

C’è poi chi finge di avere un conto Banco Posta e appena arrivato ti passa davanti perché ha la precedenza, chi si avvicina all’impiegato per chiedere un modulo mancante e visto che è lì si infila con italica destrezza e taglia la fila ed anche chi mostra il biglietto della gastronomia spacciandolo per quello appena chiamato..

Quando l’attesa sfiora i 50 minuti e l’utente medio si sta già chiedendo perché non mandare tutti a fancuore ed emigrare in Costa Rica, accade l’insperato miracolo, la lettera A galoppa sul tabellone come Varenne dei tempi d’oro ed in men che non si dica ecco chiamato il numero A060.
Un balzo felino lo fa avvicinare all’insperato traguardo, alla faccia dell’artrosi e del mal di schiena, la gioia dipinge i lineamenti di questo essere umano tornato alla vita ma, quando si trova a meno di un metro dall’impiegata, una simpatica mammina con bambino al seguito passano davanti ed occupano il suo posto.

«Come è possibile?»
Pensa il nostro amico tra sè e sè.
«Dove è andato a finire il mio numero?»
Tirando fuori qualsiasi cosa da tasche e taschini il bigliettino non viene fuori e in terra intorno a lui non vede nulla.
Nel frattempo si accorge che il bambino che ha scorrazzato per tutto il tempo qua e là, giocando con le macchinine, ora è vicino alla mamma posto-usurpatrice e gli sorride salutandolo con la manina.

Nell’altra mano stringe, insieme ad un peluche di Peppa pig, un fogliettino bianco che ha trovato sul pavimento..




domenica 28 settembre 2014

La cena di classe

Una ricorrenza potrebbe essere per me più traumatica di uno sposalizio: la cena di classe con gli ex compagni di scuola.
Se già dopo la maturità non mi sono fatto più sentire con il 90% dei miei simpatici compagni di 5°C ci sarà un perché..
Con i bravi e buoni sono rimasto sempre in contatto, non c’è bisogno di organizzare un banchetto annuale per vedersi o le scusa del decennale per la triste riunione..

«Marco, sono passato 10 anni da quando abbiamo sostenuto la maturità, che cosa facciamo?
«Facciamone passare altri 20.. ciao»

Per i cari amici il modo di incontrarsi si trova sempre, può essere una chiacchiera veloce per strada quando ci si incrocia, una serata insieme ascoltando il loro gruppo suonare, un semplice (ma sincero) saluto in ogni quotidiana occasione o anche un bel viaggio organizzato, per esempio a Londra.
Tutti gli altri rimangano pure al loro posto e cioè a discreta distanza di sicurezza.

Perché sono così cattivo? Il discorso è sempre quello, più passa il tempo e più non sopporto la Sagra de lo finto.
Sorrisi finti, abbracci e strette di mano che non ci sono mai stati in passato, indifferenza tra i banchi di scuola che magicamente diventa simpatia e sorrisi a 47 denti.. no grazie.
Che poi quando mi arriva la telefonata del solito intraprendente che decide di organizzare tutto lui mi sale una TRISTEZZA infinita, penso agli anni più belli ormai andati, al tempo che scorre inesorabile, alla panza che cresce e ai professori più antipatici del mondo.

I miei personalissimi servizi segreti mi hanno poi informato su ciò a cui andrei incontro partecipando alla cena di classe, radicando ancora di più l’intenzione di non essere MAI presente:
1) c’è il secchione di turno che è diventato medico e vola mezzo metro più alto di te, ormai sicuro del premio Nobel e ti guarda come se fossi un barbone. Parla dei suoi convegni all’estero e della carriera galoppante.
2) c’è la bellona della classe, con il viso clamorosamente invecchiato dalle 200 lampade all’anno e dai trucchi che già ai tempi d’oro spalmava sulla povera pelle agonizzante.
Gli argomenti preferiti sono le ultime sfilate di “Milano vende moda” e il nuovo taglio di capelli di Diego dalla Palma.
3) c’è il Pierino di tutti i Pierini, colui che amava la scuola come Superman ama la kryptonite, che ora parla con accento milanese e cita versi di Charles Baudelaire.
Quando ha ottenuto la maturità (con qualche anno di ritardo) si è prosciugato il Lago di Pilato.
4) c’è il riccone che già ai tempi della scuola spendeva e spandeva e adesso si ripresenta con la sua camminata rallentata, con una decina di kg in più e il sorrisetto benevolo da nobiluomo. Quando comincia a parlare della sua carriera da commercialista (ereditata), dello studio a Roma e del successo che riscuote rimpiangi di averlo aiutato a passare l’anno in 4° liceo..
5) c’è il bello e super sportivo, che a scuola a malapena ti salutava, atleta professionista, il più ammirato dalle ragazze, tanto che se ti piaceva una arrivava sempre lui ad oscurarti. Ora ha in conto una separazione, una discreta panzetta e una bella carrozzina da portare a passeggio. Argomenti preferiti: uscite e commenti da finto giovane, ormai troppo fuori dal personaggio.
6) c’è anche il povero compagno di scuola di cui quasi nessuno si ricorda, fisicamente molto cambiato, che si innervosisce talmente quando lo chiami con il nome sbagliato da lasciare prematuramente il convivio, proprio come nel film “Compagni di scuola”.
7) e poi ci sarei io, chissà cosa direbbero di me.. brrr.. rabbrividisco, un altro motivo per latitare.

Dei simpatici, persone davvero in gamba, educati e gentili, ora come in passato, non parlerò, me li tengo stretti per me e non li condivido con nessuno.
Viva quindi l’imperitura 5° C, tutti i suoi componenti, qualche insegnante “umano” e le immancabili cene di classe che ogni anno allieteranno tutti i partecipanti!!

Ad maiora.




domenica 7 settembre 2014

La Fiera di San Giuliano

Mi piacciono le Fiere del Patrono.
In particolar modo quella che si svolge nella mia città il 31 agosto, anche se il segnale che porta con sé è purtroppo legato alla fine dell’estate.
Contento come un bambino da una parte e triste come un adolescente senza smartphone dall’altra, mi preparo dunque ad immergermi nel clima festoso della Civitas Mariae.

Quest’anno la bancarelle fanno bella mostra in Corso Cavour, lungo le mura, in Corso Cairoli e buona parte del centro storico, mentre nella piazza principale l’organizzazione ha calato il tris d’assi: il palco con l’orchestrina, la pista da ballo e il tendone con i tavolini do se magna.
Gira la voce che circa 240 anatre, piatto tipico di questa festa, abbiano tentato la fuga corrompendo il custode con la collana completa di Paperinik, ma forse è solo leggenda..

L’atmosfera della fiera è inconfondibile: odori e suoni.

Gli odori sono quelli dei dolci che si comprano una volta l’anno in queste occasioni e cioè i croccanti, le noccioline ricoperte di zucchero, la liquirizia, le crepes con la nutella, lo zucchero a velo, bontà a cui non si può proprio rinunciare..
Dopo che li hai comprati però ti lamenti perché la liquirizia ti ha fatto la lingua nera e ti viene la tachicardia, le noccioline ti hanno riempito e il croccante al sesamo ti ha fatto saltare l’otturazione.

I suoni sono quelli delle voci microfonate degli “imbonitori di turno”, i venditori che con il loro banchetto addobbato presentano le ultime novità della scienza e della tecnica.
Da “Clemente, lo spremino intelligente” a “Pelino taglia annas”, dal tappeto magico a “MOF lo strizza facile”, dalla rivoluzionaria spazzola vista in TV alla pentola in titanio che cucina pure i sassi..
Che dire poi dell’immancabile pulisci-vetri e del ferro da stiro che funziona soltanto con il vapore, stirando in verticale?

Li ho comprati tutti.
Non mi funziona niente.

Clementino lo spremino non si riempie di succo come mostrato da Mr. Simpatia alla fiera, forse non utilizzo i limoni giusti o non massaggio bene l’agrume prima dell’utilizzo.. boh.

La spazzola pulisci-vetri a calamita, una parte fuori e una dentro, pulisce discretamente, ma c’è un piccolo particolare, non assorbe l’acqua e lo zozzo vario, che cadono quindi sopra al davanzale.
Nel secondo utilizzo la calamita non ha tenuto e la parte esterna della spazzola è caduta dal terzo piano..

Lo straccio in bambù pulisci tutto.. sarebbe meglio darlo da mangiare ai panda (simpatici orsacchiotti juventini che si cibano soltanto di questo vegetale).
Perché alla fiera questo straccio pulisce a meraviglia il grasso del prosciutto, resti di crema per le mani e lacca, cementati tutti insieme, mentre a casa mia nemmeno un po’ del “normale sporco domestico”? Ai posteri l’ardua sentenza.

Vogliamo parlare del ferro da stiro a vapore in verticale?
Le camicie rimangono acciaccate, anche i fazzoletti ed è tutto dire.. però l’acquisto non è andato sprecato ed ora lo uso come umidificatore per la camera da letto.

Il mio idolo però è il “pennarello ripara carrozzeria”.
Ho visto sulla bancarella di questo venditore cose che voi umani non potete immaginare, rigature che scomparivano, parti sverniciate che magicamente si ricoloravano, tonalità che tornavano splendenti..
Dopo l’uso le rigature della mia macchina sono rimaste uguali, anzi hanno cominciato a fare un po’ di ruggine intorno.

Ma non mi faccio intristire da questi piccoli inconvenienti, sicuramente sono io ad essere imbranato e decido quindi di godermi il “clou” della festa, che ne segna anche la fine: I MITICI FUOCHI DI ARTIFICIO.
Una mezz’oretta prima dell’evento inizia la migrazione per conquistare i posti migliori, in questo caso le “mura di tramontana” e allora vedi visi tirati, persone che allungano il passo facendo finta di niente, bambini trascinati a peso morto e ognuno che pensa al suo posto segreto per un’ottima visione..
Alla fine in poche centinaia di metri si accumula una tale quantità di persone che anche il livello di ossigeno nell’area cala a valori preoccupanti, allora qualcuno si arrischia nei campi bui sottostanti, qualcun altro sale sopra un albero e qualcun altro ancora.. sopra le persone.

Tutte le multe dell’anno, le tasse sulla mondezza (differenziata) e qualche altro balzello trovano il loro perché nello splendore dello spettacolo pirotecnico della festa patronale: ben 25 minuti di tonanti, luci, colori, fulmini e saette, fino ad arrivare alla batteria finale e ai due classici botti che fanno saltare gli allarmi delle auto, i nervi della vicina e l’ampliform di nonno.


Ad maiora.


domenica 3 agosto 2014

Buone vacanze..

Eccoci qua, colgo l’occasione per augurarvi una buona estate ed un buon ferragosto,   (che non sia fernovembre, vista l’aria) spero che vi rilassiate cullati tra le onde del mar o accarezzati dalle brezze montane e che tutti i pensieri negativi scompaiano di colpo per lasciare spazio soltanto all’amor..


Cose da NON fare durante le vacanze:

1) non fatevi tatuaggi o massaggetti vari in spiaggia, le condizioni igieniche in questi casi sono pari alla limpidezza delle acque della fogna centrale di Calcutta..

2) non state sotto il sole 10 ore al giorno, come lucertoloni, senza protezione solare, solo perché le ferie sono poche e i colleghi di lavoro devono notare l’abbronzatura al ritorno..

3) non fate escursioni in montagna camminando 8 ore consecutive se il vostro spostamento medio giornaliero è pari alla distanza tra la cucina e il soggiorno..

4) i gavettoni (di acqua e non) che tirate in continuazione.. se sbagliate mira possono creare piccoli problemi..

5) correre a 200 km/h tra gli ombrelloni sollevando una tempesta di sabbia che finisce in qualsiasi posto fa arrabbiare i vostri vicini più di un paio di mutande di ortica..

6) anche se chiudete gli occhi sotto il sole i raggi ultravioletti passano ugualmente, facendovi diventare miopi come formichieri. Bastano due sassolini o occhiali da sole. (occhio al sole)

7) per pietà regolatevi con le scollature e i perizomi, troppe persone soffrono di cuore..

8) il bagno di mezzanotte è discretamente pericoloso, soprattutto se la cena è terminata alle 23, compresi dolce alla panna, caffè, ammazzacaffè, limoncello e amaretto di Saronno..

9) non fate la pipì (o altro) in acqua, onde e correnti possono creare situazioni imbarazzanti, oltre allo sterminio dei piccoli pesciolini che nuotano felici intorno a voi. Ci sono i bagni pubblici.

10) le cicche di sigaretta e la mondezza varia seppellite nella sabbia prima o poi vengono fuori..


Cose da fare durante le vacanze:

1) distruggere la sveglia buttandola dal terzo piano e di conseguenza dormire a ruota libera..

2) limitare l’utilizzo di telefonini, feisbuk, cinguettii, chat e controchat  a 10 ore al giorno, lo so che è dura, ma ci si può provare..

3) leggere sotto l’ombrellone, spaparanzati quanto basta, i vostri fumetti preferiti, le ricette estive e la Gazzetta, buttando in mezzo ai flutti il “libro serio di facciata”..

4) frequentare discoteche, night-party, locali trendy fino alle 5 di mattina..

5) non avere orari per colazione, pranzo, merende e cena, possibilmente mischiare il tutto e vedere cosa succede..

6) non pensare alla “prova costume”, anche se ci sono la panzetta e i rotolini dell’amore siete sempre belle (anzi pure meglio)

7) togliersi le perenni cuffiette con la musica dalle orecchie non è peccato..

8) noleggiare una e-bike, passeggiare con il pareo in pineta, sorseggiare un aperitivo al calar del sole è molto cool..

9) se incontrate il collega di lavoro antipatico o il condomino insopportabile.. è il momento per prendersi una rivincita.


10) siate presenti a tutte le sagre del cocomero e mercatini estivi della zona..






venerdì 30 maggio 2014

Lo sposalizio



Ci siamo, tarda primavera-inizio estate è il periodo giusto per ricevere.. la malefica PARTECIPAZIONE di MATRIMONIO.
Ogni mattina, con la mano tremante e gli occhi piangenti sbircio nella cassetta della posta, come se dovessi aspettare la chiamata al servizio militare e alla fine, perché non se ne scappa, ecco arrivare il foglio pergamenato color bianco panna-marroncino chiaro della partecipazione matrimoniale.

Passi per i CARI amici o per parenti strettissimi, ma quando arriva la “chiamata” da parte del cugino di terzo grado, da ignoti nipoti argentini o conoscenti vari che hanno avuto la bella idea di aggiungerti alla lista invitati, allora no.. mi sento leggermente turbato.

La prima cosa a cui si pensa è di trovare una SCUSA plausibile per non partecipare, tipo mi si è ammalato il gatto, non trovo le scarpe da abbinare con l’abito, ho il turno a lavoro (anche se fai l’insegnante e il matrimonio è di domenica), mi sono scordato di lavare la macchina, prevedo che avrò la colite il giorno prima, ecc ..
Ma perché tutto questo astio, direte voi, perché non vuoi partecipare alla bella festicciola che durerà 12 ore filate, in mezzo a decine o centinaia di persone che ti allieteranno con abbracci, baci, sorrisi a 75 denti (finti), sollazzi e strette di mano?

Non so che dirvi.. sono leggermente allergico a “la sagra de lo finto”, questi riti tribali apotropaici che iniziano con la sfida per il vestito più bello e culminano con i mitici balli di gruppo ed il clamoroso TRENINO, con tutti gli ospiti che passano ‘mbriachi tra i tavoli..
(sarebbe carino abbattere questo lombricone in festa, dove qualcuno approfitta pure per toccare, con un moderno lanciafiamme.. una bella svampata e via)

In realtà la cerimonia in Chiesa (o in Comune) la sopporterei anche, ma il banchetto, pranzo o cena che sia.. proprio no.
La durata di questi ingozzamenti è infatti proporzionata al tempo morto fra una portata e l’altra, periodo comunque buono per qualche malignità sul vestito della sposa, sull’abbronzatura del marito, sul vino scadente e sul menù non troppo di classe.

Se poi, prima di sedersi, c’è l’aperitivo “abbuffet”, allora è GUERRA.
Un assalto da parte di vecchiette inferocite con il piatto stracolmo in mano e du pizzette fra li denti, avvocati, medici, architetti che si trasformano in barbari sanguinari spingendo e sgambettando per un cocktail e un tramezzino e tu che sei li, in perenne seconda fila, ordinato ed educato, riflettendo sull’evoluzione dell’Homo sapiens..

Durante la magnata poi, infilato nel solito peggior tavolino di tutta la sala, età media 20 anni superiore alla tua e simpatia pari a quella di un paio di mutande di ortica, inizia a suonare il tristissimo COMPLESSO MUSICALE..
In genere è formato da un uomo, che si spende agli strumenti e una donna, che allieta con la voce, cantando le tipiche “canzoni da matrimonio”.
Un incontro con un branco di iene che non mangiano da un anno mi renderebbe più felice.
(qualcosa di più modernino o alla fine una serie di CD che vanno da soli sarebbero tutta un’altra cosa, farebbero risparmiare un sacco di soldi ed eviterebbero numerose gastriti da stress)

Soltanto dopo quelle 5-6 ore di pasto, osservando:
1) panze strabordanti
2) cinture slacciate
3) cravatte a metà su camicie impataccate di sugo e macchie di vinello
4) guance rosee e sguardi assenti
5) mamme ululanti e bambini che scorrazzano da tutte le parti
6) carrozzine e neonati in ogni dove tipo campo minato
7) i soliti pirla che scelgono queste ultime ore agonizzanti per le foto e le riprese
8) la questua dei neo-sposi che passano in ogni tavolo facendo finta di sapere chi stanno salutando, donando le più brutte bomboniere del mondo
9) il caffè, l’ammazza-caffè, l’amaro, il limoncello e gli orzetti in tazza grande già serviti

.. mi rendo finalmente conto che il tutto sta per finire, che il circo è arrivato all’ultimo spettacolo e con questa gioia incontrollabile mi alzo dalla sedia.. proprio nel momento in cui un bel bimbino mi frana sopra con il suo bicchiere di aranciata, le sue manine appiccicose e la quarta porzione di torta alla crema..