Stamattina, il famoso
“lunedì di pasquetta”, ho la bellissima
idea di trascorrere la giornata nel verde dell’area naturale protetta.
L’inquietudine mi
assale.
Legioni di barbari
hanno parcheggiato i loro mezzi selvaggiamente, doppie e terze file si sprecano,
aiuole, marciapiedi, rosai, prati in fiore seppelliti da lamiere ferrose (e
pure un po’ arrugginite) sputacchianti gas di scarico.
Il laghetto chiede
pietà, gli uccelli migratori decidono una partenza anticipata e il ruscello è
intoppato dalle carte unte della pizza e dai pezzi di frittata del panino del
babbo. L’orgoglioso genitore, ovviamente, siede sul ciglio del fiumiciattolo
con i piedi in acqua, sfoggiando la panza imbavagliata dalla canottiera bianca
anni ’70.
I più grandi di
tutti però sono :
1) coloro che montano
(in due o tre ore) la mitica amaca,
legandola da pianta a pianta, e quando ci si siedono toccano per terra.
2) i geni che mettono
nell’acqua del ruscelletto le bottiglie di birra a freddare, perdendone tra l’altro il
50% a causa dell’imprevista corrente.
3) coloro che partono
per l’esplorazione del posto (abituati ad un tragitto medio di 6 metri
giornalieri, dalla cucina al soggiorno) e dopo 10 minuti tornano esausti perché c’era troppa salita.
4) chi spruzza
l’insetticida sulla tovaglia per allontanare le formiche che si avventano sui
panini.
5) i giovinotti che si
mettono a torace nudo e le signorine che si stendono in bikini sul prato,
accorgendosi solo il giorno dopo delle zecche che si sono attaccate alle loro gambe
e braccia.
6) i grandissimi che
mettono il sacchetto della spazzatura sul ramo dell’albero e a fine giornata lo
“dimenticano”.
7) quelli che, muniti
di paletta, prendono la terra
buona per i vasi in terrazzo.
8) chi lascia i loro
cagnolini seminare bombe da ogni parte perché “tanto siamo
all’aria aperta, in mezzo alla natura”.
Non contento degli
sfregi osservati, ancora fiducioso nelle capacità mentali dell’ Homo sapiens, decido di cambiare postazione e raggiungo la pineta sul lungomare.
Un pianto.
L’assedio dei tavolini
da pic-nic è clamoroso, quelli che si aprono automaticamente con tanto di mini
sedie, già pronte per ospitare onorevoli e pesanti glutei.
Le biciclette
sfrecciano che è un piacere, palloni, racchettoni, bocce e pigne rotolano alla
grande, i bambini piangono e le mamme dalle guance rosee strillicchiano e si
arrabbiano quanto basta.
Gli scoiattoli,
felicemente tornati in questa oasi marina, vengono osservati allontanarsi in
fila indiana, con un piccolo bagaglio e scuotendo tristemente il capo.
Intanto i primati, adulti e piccini, si apprestano
alla merenda, nonostante il pranzo a base di lasagne, frittate, affettati e
salamini non sia ancora ben digerito.
Ecco spuntare altri
panini, salse, burro e marmellata, senza dimenticare coloratissimi bibitoni gassati
e birrette come se piovesse.
I tappi ovviamente si
sotterrano in pineta, il grasso del prosciutto per le formiche e i tovaglioli
di carta invece pure, “tanto sono
biodegradabili”.
Il tempo scorre veloce
in questo paradiso di calma e serenità e
alla stessa ora tutti decidono di andare a casa.
Decine e decine di
armamenti che si ripiegano, valigette che si richiudono e portapacchi che si
riempiono.
Una bella fila di un paio di orette traghetterà queste anime stanche
verso il meritato riposo.