lunedì 17 aprile 2017

La gita fuori porta RELOADED

Stamattina, il famoso “lunedì di pasquetta”, ho la bellissima idea di trascorrere la giornata nel verde dell’area naturale protetta.

L’inquietudine mi assale.

Legioni di barbari hanno parcheggiato i loro mezzi selvaggiamente, doppie e terze file si sprecano, aiuole, marciapiedi, rosai, prati in fiore seppelliti da lamiere ferrose (e pure un po’ arrugginite) sputacchianti gas di scarico.

Il laghetto chiede pietà, gli uccelli migratori decidono una partenza anticipata e il ruscello è intoppato dalle carte unte della pizza e dai pezzi di frittata del panino del babbo. L’orgoglioso genitore, ovviamente, siede sul ciglio del fiumiciattolo con i piedi in acqua, sfoggiando la panza imbavagliata dalla canottiera bianca anni ’70.

 I più grandi di tutti però sono :

1) coloro che montano (in due o tre ore) la mitica amaca, legandola da pianta a pianta, e quando ci si siedono toccano per terra.
2) i geni che mettono nell’acqua del ruscelletto le bottiglie di birra a freddare, perdendone tra l’altro il 50% a causa dell’imprevista corrente.
3) coloro che partono per l’esplorazione del posto (abituati ad un tragitto medio di 6 metri giornalieri, dalla cucina al soggiorno) e dopo 10 minuti tornano esausti perché c’era troppa salita.
4) chi spruzza l’insetticida sulla tovaglia per allontanare le formiche che si avventano sui panini.
5) i giovinotti che si mettono a torace nudo e le signorine che si stendono in bikini sul prato, accorgendosi solo il giorno dopo delle zecche che si sono attaccate alle loro gambe e braccia.
6) i grandissimi che mettono il sacchetto della spazzatura sul ramo dell’albero e a fine giornata lo “dimenticano”.
7) quelli che, muniti di paletta, prendono la terra buona per i vasi in terrazzo.
8) chi lascia i loro cagnolini seminare bombe da ogni parte perché “tanto siamo all’aria aperta, in mezzo alla natura”.

Non contento degli sfregi osservati, ancora fiducioso nelle capacità mentali dell’ Homo sapiens, decido di cambiare postazione e raggiungo la pineta sul lungomare.

Un pianto.

L’assedio dei tavolini da pic-nic è clamoroso, quelli che si aprono automaticamente con tanto di mini sedie, già pronte per ospitare onorevoli e pesanti glutei.
Le biciclette sfrecciano che è un piacere, palloni, racchettoni, bocce e pigne rotolano alla grande, i bambini piangono e le mamme dalle guance rosee strillicchiano e si arrabbiano quanto basta.
Gli scoiattoli, felicemente tornati in questa oasi marina, vengono osservati allontanarsi in fila indiana, con un piccolo bagaglio e scuotendo tristemente il capo.

Intanto i primati, adulti e piccini, si apprestano alla merenda, nonostante il pranzo a base di lasagne, frittate, affettati e salamini non sia ancora ben digerito.
Ecco spuntare altri panini, salse, burro e marmellata, senza dimenticare coloratissimi bibitoni gassati e birrette come se piovesse.
I tappi ovviamente si sotterrano in pineta, il grasso del prosciutto per le formiche e i tovaglioli di carta invece pure, “tanto sono biodegradabili”.

Il tempo scorre veloce in questo paradiso di calma e serenità e alla stessa ora tutti decidono di andare a casa.
Decine e decine di armamenti che si ripiegano, valigette che si richiudono e portapacchi che si riempiono.
Una bella fila di un paio di orette traghetterà queste anime stanche verso il meritato riposo.