Si definiscono POSTE quei
locali dove il colore dominante è il giallo e dove curiosi esseri umani sono
soliti trascorrere ore della loro vita cercando di pagare bollette e
bollettini.
Alle poste si misurano le
reali virtù di una persona.
Attraversare il Grand Canyon
a piedi a ferragosto?
Nuotare in mezzo agli
squali?
Buttarsi dal grattacielo con
il paracadute?
Bazzecole in confronto ad
una FILA all’ufficio postale.
I benefici effetti di 12 anni
di yoga e training autogeno possono sfumare in pochi secondi, con la mente
persa fra bollettini, F24, libretti, bonifici, pacchi e raccomandate.. ed è un
attimo passare al lato oscuro della forza.
L’utente medio che si reca
alle poste, appena entrato, cerca disperatamente la colonnina giallo fluo, per
districarsi nell’operazione della scelta del numero per la fila.
Accecato da questa botta di
colore si accinge a premere il pulsante argenteo relativo alla lettera A (che
nel dubbio dovrebbe andare bene per tutto) ma premendo il bottone si muove
tutta la colonnina e non esce nessun foglietto.
Dopo 5 o 6 prove, con una
fila di 20 persone dietro, inferocite come iene assassine per il tempo che
stanno perdendo, l’utente medio in qualche modo blocca la colonnina con una
mano e preme il pulsante con l’altra.
Il tabellone segna A017, lui
ha A060..
Una quarantina di persona
davanti, posti a sedere zero.
Dopo 20 minuti di attesa, le
scarpe che gli fanno male ed un discreto mal di schiena, comincia a rassegnarsi
ed a guardarsi intorno per passare il tempo.
Il giubbetto lo ha già tolto
e lo tiene in mano, infatti alle POSTE la temperatura interna sta sempre sui
30-35 gradi, d’estate e d’inverno, temperatura ottimale per la foresta pluviale
amazzonica.
Nei moderni uffici postali
c’è un discreto numero di posti a sedere, classiche poltroncine di legno richiudibili
disposte in due o tre file, tipo cinema anni’80 o sale convegni a spende poco.
Le prime file sono le più
gioiose, in genere occupate da simpatiche vecchiette in attesa della pensione, che
però starerebbero lì anche senza un motivo particolare, giusto per
chiacchierare un pò con i vicini di
seduta e godersi tutto il resto dello spettacolo.
Nelle altre file, in ordine
sparso, ci sono i normali utenti,
pieni di bollettini e documenti sulle mani, con i loro mille pensieri e
l’espressione del viso discretamente triste.
Gli outsiders sono i giovinotti che arrivano di tanto in tanto per
ricaricare la postepay o pagare qualche tassetta universitaria e gli stranieri
che chiedono lumi su come spedire le cose più assurde ai loro paesi di origine.
C’è poi la bellona di turno,
sempre in piedi per sfoggiare il fisico prestante, fintamente assorta in
pensieri manageriali, che quando arriva il suo turno regala ai presenti la
sfilata di moda Prêt-à-porter autunno-inverno 2014.
Ma torniamo all’utente
medio, che sta aspettando ormai da una mezz’oretta, sudato come una capra, con
il giubbetto e la maglia sulle mani e i gabbasisi
che gli girano a manovella.
Il suo sguardo viene
attratto dal Poste Shop, un angolo dell’ufficio dove sono esposti libri, album
e vari articoli da regalo, una via di mezzo tra una bella idea per passare il
tempo morto e una presa in giro che sottolinea ancor di più le lunghe attese.
Dalla parte opposta invece
fa la sua bella figura il bancone della telefonia Poste Mobile.. alla fine
mancherebbe soltanto un piccolo supermercato e un angolo bar per il SERVIZIO
COMPLETO.
Un’altra cosa che l’utente
medio nota, quando la sua attesa sta ormai sfiorando i 40 minuti è che nel
malefico tabellone segna-numeri la lettera A esce ogni morte di papa,
anticipata sempre dalle colleghe E.. L.. C.. P..
C’è poi chi finge di avere
un conto Banco Posta e appena arrivato ti passa davanti perché ha la
precedenza, chi si avvicina all’impiegato per chiedere un modulo mancante e
visto che è lì si infila con italica destrezza e taglia la fila ed anche chi
mostra il biglietto della gastronomia
spacciandolo per quello appena chiamato..
Quando l’attesa sfiora i 50
minuti e l’utente medio si sta già chiedendo perché non mandare tutti a fancuore ed emigrare in Costa Rica,
accade l’insperato miracolo, la lettera A galoppa sul tabellone come Varenne dei tempi d’oro ed in men che
non si dica ecco chiamato il numero A060.
Un balzo felino lo fa avvicinare
all’insperato traguardo, alla faccia dell’artrosi e del mal di schiena, la
gioia dipinge i lineamenti di questo essere umano tornato alla vita ma, quando
si trova a meno di un metro dall’impiegata, una simpatica mammina con bambino al
seguito passano davanti ed occupano il suo
posto.
«Come è possibile?»
Pensa il nostro amico tra sè
e sè.
«Dove è andato a finire il
mio numero?»
Tirando fuori qualsiasi cosa
da tasche e taschini il bigliettino non viene fuori e in terra intorno a lui
non vede nulla.
Nel frattempo si accorge che
il bambino che ha scorrazzato per tutto il tempo qua e là, giocando con le
macchinine, ora è vicino alla mamma posto-usurpatrice
e gli sorride salutandolo con la
manina.
Nell’altra mano stringe,
insieme ad un peluche di Peppa pig, un fogliettino bianco che ha trovato sul
pavimento..
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