martedì 25 novembre 2014

Una sosta all' Autogrill



Viaggiare in autostrada mi mette allegria, forse perché la associo alle ferie, alle vacanze, all’estate, agli spostamenti per raggiungere gli aeroporti e i luoghi di villeggiatura.
In mezzo a queste lunghe scie di asfalto sei anche più sereno: non ti trovi nello stretto e caotico traffico cittadino dove suoni il clacson 10 volte al minuto, alzi il dito medio per salutare la gente e ti indisponi leggermente durante le file al semaforo.

Tutto inizia al casello dell’autostrada, ai cui lati sostano perennemente automobili in doppia e terza fila, una specie di mercato viaggiatorio 24 ore su 24.
C’è chi aspetta il pullman per la gitarella di un giorno, chi ha appuntamenti di lavoro, chi incontra qualche amico, chi sosta per magnasse un panino ed anche chi approfitta per affari loschi. Con il furgoncino delle bibite e il kebabbaro staremmo a posto.

Superato il momento della curiosa osservazione mi avvicino all’entrata dell’autostrada ed ogni volta, fissando il cartello del Telepass, penso che mi prenderebbe un colpo vedere la sbarra che si alza mezzo secondo prima del passaggio dell’auto, con il rischio di schiantarsi se rimanesse chiusa.

Quasi felice di questa mia arretratezza tecnologica arrivo al pulsante rosso da premere per far uscire il biglietto di viaggio e mi accorgo di NON arrivarci..

Tragedia.

Ma come? Ho il vetro abbassato, il mio bel braccetto di fuori e non ci arrivo?
Mi sporgo come un contorsionista e mi aiuto pure con una penna ma niente da fare.
A questo punto, leggermente agitato dalla fila che si sta formando dietro di me, apro lo sportello.. che va a cozzare clamorosamente contro l’alto marciapiede del casello.
Io che sono maniacale nella cura della mia carrozza rossa non oso pensare al danno provocato, anche una piccola bozza mi toglierebbe il sonno per giorni, ma faccio finta di niente, mentre mi rendo conto che lo sportello aperto mi impedisce ancor di più di arrivare al pulsante.

Panico.

La fila dietro di me è aumentata, i clacson suonano che è una meraviglia e le facce inferocite degli automobilisti mi ricordano l’ultimo film dell’orrore che ho visto: “L’alba dei morti viventi”.
Non mi perdo d’animo e con l’agilità di un pachiderma esco dall’altro sportello, faccio il giro dell’auto ed arrivo al prezioso pulsante.
Le macchine dietro ormai sono più di dieci, le ultime non ce la fanno più e cominciano a cercare entrate più libere, i rimanenti sono inferociti come formichieri e premono il clacson tipo martello pneumatico, rivolgendo verso di me parole non proprio edificanti.
Riparto più veloce che posso e mi infilo nello svincolo, ripensando soltanto dopo se la direzione presa fosse quella giusta..

Superato questo piccolissimo intoppo sono ormai tranquillo in autostrada, ma il biglietto di viaggio è ancora nelle mie mani.
Lo vorrei infilare in quell’affare sopra la testa che si tira giù per ripararsi dal sole, che in una parola sola si chiama PARASOLE, ma non riesco.
Dopo 3 o 4 tentativi alla cieca desisto e lo metto nel cassetto porta-oggetti.
Dal cassetto porta-oggetti delle automobili si può tirar fuori qualsiasi cosa, tipo borsa di Eta Beta : penne, block notes, fazzoletti, profumi, straccetti pulisci-vetri, caramelle, accendini, lattine, resti di panini, astucci e così via..
Sono quindi abbastanza certo di non ritrovare il piccolo bigliettino nel momento del bisogno.

Sto guidando da un quartarello quando due elefanti della strada decidono di superarsi davanti a me.
Stare dietro a due camion con rimorchio affiancati non è proprio il massimo, mi mette una leggera ansia, così tento di rilassarmi facendo finta di trovarmi dietro ad una gara di tartarughe giganti, che fanno a chi arriva prima all’insalata.
I tempi sono un po’ lunghi.
Mi giro a guardare a destra e sinistra e noto un cartello pubblicitario con la classica scritta da autostrada : “Dio c’è”.
Faccio in tempo a leggere anche una irriverente continuazione al di sotto: “o ce fà”.
Mentre rido da solo, come i matti, mi rendo conto di avere un pò di fame e di dover fare “plin plin” quindi decido di fermarmi all’Autogrill.

L’ Autogrill dell’autostrada rappresenta l’essenza del viaggio in automobile, lo status-symbol del girovago che si rispetti, non ci si può non fermare in queste oasi immerse nel deserto d’asfalto che si sta percorrendo.
Una sosta nell’Autogrill dell’autostrada è come l’aperitivo prima di cena, è come la partita di calcetto con gli amici, è come la sbirciatina giornaliera su facebook.. è INEVITABILE.

I mercati e i centri commerciali non hanno più la loro attrattiva, i negozi di souvenir e gli alimentari non sono nulla al confronto di ciò che si può trovare all’interno di un Autogrill :
- c’è il reparto “riviste, giornali e libri”, aggiornato con gli ultimi successi editoriali (pure quelli a luci rosse) per accontentare ogni tipo di lettore..
- c’è il reparto “gastronomia”, con le specialità praticamente di tutta Italia, non soltanto della regione in cui ci si trova, dai formaggi ai liquori, dai vini alle birre, dai salami alle crostate. Se qualcuno volesse fingere un viaggio chissàdove potrebbe comprare nell’Autogrill vicino casa i regalini da riportare agli amici senza destare sospetti.
- c’è il reparto delle “cose sfiziose”, tipo il robottino parlante che risponde al saluto, il peluche che canta e piange se non lo coccoli e altre robine del genere..
- c’è chi azzarda anche il reparto ”varia”, con scarpe, catene da neve, shampoo, ferri da stiro tascabili, set da cucito e capi di semplice abbigliamento, tentando di assecondare tutti i desideri e le aspettative.

Il bancone con la caffetteria e la vetrina con i panini pronti sono però il vero simbolo e quindi una immancabile presenza per ogni Autogrill che si rispetti.
Non so perchè, forse per qualche strana congiunzione astrale, ma ogni volta che entro in Autogrill davanti al bancone incontro sempre :
1) la bellona che sorseggia il suo caffè, tutta truccata e imbellettata, come in perenne passerella, consapevole di attirare gli sguardi di poveri mariti e adolescenti super ingrifati.
2) la famigliola in viaggio, insieme ai loro bimbini che scorrazzano da tutte le parti, con in mano Coca-cola e merendine.
3) il manager rampante in giacca e cravatta che sorseggia la sua bibita e parla di lavoro al telefonino, senza regolarsi con il volume della conversazione.
4) le due-tre coppie di giovani in viaggio con le rispettive fidanzate, vestiti in jeans strappati quanto basta, cappucci, felpe e spavaldi come pochi.
5) la gita scolastica, con gli alunni che entrano tipo mandria di bisonti, pronti a saziarsi con patatine, Fanta e cioccolato, mentre i loro insegnanti rimangono fuori, facendo il conto alla rovescia per il ritorno a casa.

Quando arriva il mio turno decido di ordinare uno dei “mitici panini da Autogrill”, d’altronde sono l’elemento fondamentale per un sano ed allegro ristoro.

Ed il RE dei panini da Autogrill è il CAMOGLI.

Questo nome, che ci fa ricordare il bel paesino ligure, è una vera prelibatezza : due fette di focaccia calda farcite con Emmenthal, prosciutto cotto, qualche foglia di lattuga e pomodorini sono il nonplusultra della “goduria paninesca”.

Dopo il riposo, la magnata e la bevuta, mancano soltanto due cose per completare degnamente il rituale :

1) l’acquisto del biglietto della Lotteria
2) un salto alla Toilette

1) Le statistiche delle vincite alla Lotteria ci fanno sognare, le grandi città e gli Autogrill autostradali sembrano maggiormente baciati dalla fortuna, la bea bendata strizza l’occhiolino a coloro che qui tentano la sorte e quindi perché rinunciare ad un sogno.
Se io vincessi il primo premio della Lotteria Italia rimarrei tranquillo, sobrio e discreto nei miei comportamenti..
La prima cosa che farei sarebbe di entrare a lavoro con infradito, occhiali scuri e telo da mare, anche di inverno e mandare educatamente a quel paese tutti i colleghi antipatici.
Poi mi comprerei 42 Ferrari, un aereo privato, 12 yacht e una ventina di ville con piscina, tutte sul mare, con spiaggia privata.
Concederei il saluto soltanto a ricconi, VIP e top-model e mi farei fotografare ai gran premi di Formula 1, nelle tribune d’onore, alle feste e agli eventi super mondani.

2) Passando letteralmente dalle stelle alle stalle, prima di ripartire bisogna fermarsi alla toilette.
I bagni dell’Autogrill non sono proprio il massimo della vita, il livello igienico medio è pari a quello della fogna centrale di Calcutta.
Mettersi seduto sulla tazza del WC, toccare il pavimento magari per raccogliere qualcosa che è caduto o soffermarsi troppo su maniglie e manopole dei lavandini equivale ad un suicidio batterico-viral-dermatologico.

In genere ci sono delle scale da scendere e quando arrivi in fondo trovi il tavolinetto con il cestino per le offerte, un po’ anacronistico di questi tempi, ogni tanto qualcuno invece di contribuire si porta via direttamente il cestino.

Si capisce subito quale è l’entrata dei bagni delle donne, c’è sempre la fila.
Un po’ per “motivi anatomici”, che prolungano i tempi, un po’ per “civetteria femminile” le donne in bagno impiegano sempre più tempo degli uomini.
L’uomo nella toilette fa quello che deve fare, in genere nemmeno si lava le mani e subito dopo esce felice e rigenerato.

La donna ne approfitta per fare qualsiasi cosa.

Dopo aver fatto “plin plin” infatti, l’altra metà del cielo si avvicina al lavandino e si lava mani, viso, collo, ascelle, piedi e si cambia pure la biancheria.
Se non c’è il sapone tira fuori il suo detergente personale, al profumo di muschio bianco artico.
Superate le abluzioni appoggia la borsetta sul lavabo e apparecchia con i trucchi, l’eau de toilette, i fazzolettini, il pettine e l’asciugacapelli portatile.
Dopo 35 minuti la donna esce dal bagno, in genere mentre il fidanzato sta chiamando i carabinieri per denunciarne la scomparsa.

Al termine di questa piacevole sosta si ritorna comunque in carrozza, con la mente ed il fisico ritemprati, pronti a continuare il nostro viaggio verso il Sole.. quando una lucina arancione ci ricorda di non aver fatto benzina.





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