venerdì 24 ottobre 2014

Il centro commerciale



Dal primo capitolo del libro: “Terrore ai grandi magazzini”.

L’essere umano medio si alza la mattina, quando il Sole è ancora in pigiama e la temperatura ad una cifra, per raggiungere felicemente il suo posto di lavoro.
Spesso è la pioggia a salutarlo per primo sulla porta di casa, insieme a quel buio che non è né giorno né notte, come un sipario ancora chiuso sul palcoscenico della giornata che deve aprirsi ai suoi occhi.

Il lavoro che svolge ogni giorno è tanto piacevole per lui quanto indossare un paio di mutande di ortica o camminare a piedi nudi sui carboni ardenti o guardare l’Arena di Giletti per due ore di fila, interrotto soltanto dalla pubblicità dei materassi di Mastrota.

Ciò che tiene in vita l’essere umano medio è l’avvento del Sabato, che preannuncerebbe 48 ore di sano e meritato riposo.
Ma è proprio di sabato pomeriggio che arriva la botta tremenda, la gentile richiesta, in genere della compagna, di andare a fare un giretto al centro commerciale.

Memore delle esperienze passate cerca disperatamente ogni scusa per evitare il tragico evento, una diarrea improvvisa, un forte mal di testa, arriva perfino a togliere due candele dal motore dell’auto.. che però si mette in moto ugualmente.

Il parcheggio del centro commerciale di sabato pomeriggio non si augura a nessuno, tutti gli istinti primordiali possono violentemente riaffiorare in noi, regredendoci a barbari sanguinari pronti a tutto per l’agognato posto auto.
E allora vedi automobili girare in tondo, come squali in cerca di preda, doppie file di macchine che si infilano dappertutto sperando di arrivare prima degli altri, manovre di tutti i tipi per occupare ogni singolo pertugio.

C’è chi si affida alla “strategia dell’inseguimento”: un pedone che cammina con le chiavi in mano è l’obiettivo primario, piano piano gli si và dietro, tipo maniaco seriale, fino a quando raggiunge la sua auto.
«Scusi, esce?»
L’indice della mano sinistra, come un tergicristallo impazzito, puntualmente delude le nostre aspettative indicando un netto NO.
Il nostro amico pedone deve soltanto appoggiare la micro-spesa di 50 gr nel bagagliaio per avere le mani libere e tornare allegramente all’interno del centro commerciale.

Anche la “strategia dell’attesa” ha il suo perché: ci si ferma in un punto casuale del parcheggio e si attende furtivi un’auto che esca nelle vicinanze, a quel punto si ingrana la marcia e ci si fionda sperando di battere tutti sul tempo.

C’è poi chi sguinzaia la moglie per cercare agilmente un posto libero, come un soldato in avanscoperta prima dell’arrivo dei mezzi pesanti.
La persona si piazza in mezzo al parcheggio libero con le mani alzate, per richiamare l’attenzione del suo caro e rivolge sguardi minacciosi alle ignare auto che passano lì davanti pensando anche loro di avercela fatta.

Alla fine il nostro essere umano medio riesce a trovare un buco dove infilare la sua Peugeot 106, tra una siepe e la scarpata del campo vicino, il tutto a circa 1.5 km di distanza dall’entrata del centro commerciale.
Immediatamente deve sorbirsi il rimprovero della fidanzata che avrebbe voluto trovare posto all’ombra, davanti all’ingresso principale e possibilmente un maggiordomo per aprirle la portiera e darle il benvenuto, declamando la sua bellezza.

Appena scesi incontrano subito gli immancabili omini che chiedono simpaticamente qualche spiccetto o tentano di vendere fazzolettini e quant’altro con una insistenza tale da far innervosire anche Suor Cristina..


Finalmente dentro, il nostro essere umano medio si rende conto che il caldo-umidiccio all’interno delle gallerie del centro commerciale lo sta facendo sudare come una capra e allora il carrello della spesa si riempie subito di maglia e giubbetto.
L’aria consumata poi e gli strani odori sono pari a quelli di una classe di 35 alunni alla quinta ora di lezione, senza aver mai aperto le finestre.
In compenso, vista la bolgia di persone, ci si può immunizzare per bene, entrando in contatto con qualsiasi tipo di batterio e virus di stagione.

C’è davvero un mare di gente: famiglie intere con prole al seguito, coppiette, adolescenti in tiro, uomini, donne, persone anziane, un miscuglio di età, razze, lingue e modi di fare che in confronto la Torre di Babele diventa una piazzetta di provincia..

A questo punto, osservando i suoi occhi piangenti e temendo un istinto suicida, la compagna dell’essere umano medio lo rassicura: «Dai che facciamo subito, solo un giretto»
Dopo 2 ore è ancora davanti all’ennesimo negozio di abbigliamento aspettando che lei si provi i fuseaux colorati e che trovi la magliettina giusta..
Però si accorge di non essere solo, altri uomini sono in fila con i carrelli davanti ai vari negozi, in attesa della loro amata, con quell’aria affranta-rassegnata che un pò lo consola.

Riprendendo il pellegrinaggio, la nostra simpatica coppia passa davanti ad Euronics e a lui viene voglia di vedere qualche novità in ambito informatico.
Dopo 3 minuti la compagna comincia a sbuffare tipo stufa a vapore perché lui la sta facendo aspettare troppo e gli chiede: «Andiamo a prenderci qualcosa al bar?»
(N.B. : i due bar del centro commerciale sono presi d’assalto: file alle casse e bancone strapieno di persone che ingurgitano caffè, pizzette, pastarelle, mokaccini e tovagliolini)


Verso le 7 di sera l’essere umano medio si rende magicamente conto che il tuo sogno sta per realizzarsi: varcare quella soglia ed uscire all’aperto, dove ad aspettarlo ci sono uccellini cinguettanti, tanta aria fresca e un cielo ancora limpido.. quando sente una vocina che sussurra: «Voglio passare anche da Bata a vedere quelle scarpe che ti dicevo, solo un attimo» .





lunedì 6 ottobre 2014

Alle poste

Si definiscono POSTE quei locali dove il colore dominante è il giallo e dove curiosi esseri umani sono soliti trascorrere ore della loro vita cercando di pagare bollette e bollettini.

Alle poste si misurano le reali virtù di una persona.

Attraversare il Grand Canyon a piedi a ferragosto?
Nuotare in mezzo agli squali?
Buttarsi dal grattacielo con il paracadute?

Bazzecole in confronto ad una FILA all’ufficio postale.

I benefici effetti di 12 anni di yoga e training autogeno possono sfumare in pochi secondi, con la mente persa fra bollettini, F24, libretti, bonifici, pacchi e raccomandate.. ed è un attimo passare al lato oscuro della forza.

L’utente medio che si reca alle poste, appena entrato, cerca disperatamente la colonnina giallo fluo, per districarsi nell’operazione della scelta del numero per la fila.
Accecato da questa botta di colore si accinge a premere il pulsante argenteo relativo alla lettera A (che nel dubbio dovrebbe andare bene per tutto) ma premendo il bottone si muove tutta la colonnina e non esce nessun foglietto.
Dopo 5 o 6 prove, con una fila di 20 persone dietro, inferocite come iene assassine per il tempo che stanno perdendo, l’utente medio in qualche modo blocca la colonnina con una mano e preme il pulsante con l’altra.

Il tabellone segna A017, lui ha A060..

Una quarantina di persona davanti, posti a sedere zero.
Dopo 20 minuti di attesa, le scarpe che gli fanno male ed un discreto mal di schiena, comincia a rassegnarsi ed a guardarsi intorno per passare il tempo.
Il giubbetto lo ha già tolto e lo tiene in mano, infatti alle POSTE la temperatura interna sta sempre sui 30-35 gradi, d’estate e d’inverno, temperatura ottimale per la foresta pluviale amazzonica.

Nei moderni uffici postali c’è un discreto numero di posti a sedere, classiche poltroncine di legno richiudibili disposte in due o tre file, tipo cinema anni’80 o sale convegni a spende poco.
Le prime file sono le più gioiose, in genere occupate da simpatiche vecchiette in attesa della pensione, che però starerebbero lì anche senza un motivo particolare, giusto per chiacchierare un pò con i vicini di seduta e godersi tutto il resto dello spettacolo.
Nelle altre file, in ordine sparso, ci sono i normali utenti, pieni di bollettini e documenti sulle mani, con i loro mille pensieri e l’espressione del viso discretamente triste.
Gli outsiders sono i giovinotti che arrivano di tanto in tanto per ricaricare la postepay o pagare qualche tassetta universitaria e gli stranieri che chiedono lumi su come spedire le cose più assurde ai loro paesi di origine.
C’è poi la bellona di turno, sempre in piedi per sfoggiare il fisico prestante, fintamente assorta in pensieri manageriali, che quando arriva il suo turno regala ai presenti la sfilata di moda Prêt-à-porter autunno-inverno 2014.

Ma torniamo all’utente medio, che sta aspettando ormai da una mezz’oretta, sudato come una capra, con il giubbetto e la maglia sulle mani e i gabbasisi che gli girano a manovella.
Il suo sguardo viene attratto dal Poste Shop, un angolo dell’ufficio dove sono esposti libri, album e vari articoli da regalo, una via di mezzo tra una bella idea per passare il tempo morto e una presa in giro che sottolinea ancor di più le lunghe attese.
Dalla parte opposta invece fa la sua bella figura il bancone della telefonia Poste Mobile.. alla fine mancherebbe soltanto un piccolo supermercato e un angolo bar per il SERVIZIO COMPLETO.
Un’altra cosa che l’utente medio nota, quando la sua attesa sta ormai sfiorando i 40 minuti è che nel malefico tabellone segna-numeri la lettera A esce ogni morte di papa, anticipata sempre dalle colleghe  E.. L.. C.. P..

C’è poi chi finge di avere un conto Banco Posta e appena arrivato ti passa davanti perché ha la precedenza, chi si avvicina all’impiegato per chiedere un modulo mancante e visto che è lì si infila con italica destrezza e taglia la fila ed anche chi mostra il biglietto della gastronomia spacciandolo per quello appena chiamato..

Quando l’attesa sfiora i 50 minuti e l’utente medio si sta già chiedendo perché non mandare tutti a fancuore ed emigrare in Costa Rica, accade l’insperato miracolo, la lettera A galoppa sul tabellone come Varenne dei tempi d’oro ed in men che non si dica ecco chiamato il numero A060.
Un balzo felino lo fa avvicinare all’insperato traguardo, alla faccia dell’artrosi e del mal di schiena, la gioia dipinge i lineamenti di questo essere umano tornato alla vita ma, quando si trova a meno di un metro dall’impiegata, una simpatica mammina con bambino al seguito passano davanti ed occupano il suo posto.

«Come è possibile?»
Pensa il nostro amico tra sè e sè.
«Dove è andato a finire il mio numero?»
Tirando fuori qualsiasi cosa da tasche e taschini il bigliettino non viene fuori e in terra intorno a lui non vede nulla.
Nel frattempo si accorge che il bambino che ha scorrazzato per tutto il tempo qua e là, giocando con le macchinine, ora è vicino alla mamma posto-usurpatrice e gli sorride salutandolo con la manina.

Nell’altra mano stringe, insieme ad un peluche di Peppa pig, un fogliettino bianco che ha trovato sul pavimento..