Viaggiare in autostrada mi
mette allegria, forse perché la associo alle ferie, alle vacanze, all’estate,
agli spostamenti per raggiungere gli aeroporti e i luoghi di villeggiatura.
In mezzo a queste lunghe
scie di asfalto sei anche più sereno: non ti trovi nello stretto e caotico
traffico cittadino dove suoni il clacson 10 volte al minuto, alzi il dito medio
per salutare la gente e ti indisponi leggermente durante le file al
semaforo.
Tutto inizia al casello
dell’autostrada, ai cui lati sostano perennemente automobili in doppia e terza
fila, una specie di mercato viaggiatorio
24 ore su 24.
C’è chi aspetta il pullman
per la gitarella di un giorno, chi ha appuntamenti di lavoro, chi incontra
qualche amico, chi sosta per magnasse
un panino ed anche chi approfitta per affari loschi. Con il furgoncino delle
bibite e il kebabbaro staremmo a posto.
Superato il momento della
curiosa osservazione mi avvicino all’entrata dell’autostrada ed ogni volta, fissando
il cartello del Telepass, penso che mi prenderebbe un colpo vedere la sbarra che
si alza mezzo secondo prima del passaggio dell’auto, con il rischio di
schiantarsi se rimanesse chiusa.
Quasi felice di questa mia arretratezza tecnologica arrivo al
pulsante rosso da premere per far uscire il biglietto di viaggio e mi accorgo
di NON arrivarci..
Tragedia.
Ma come? Ho il vetro abbassato,
il mio bel braccetto di fuori e non ci arrivo?
Mi sporgo come un contorsionista e mi aiuto pure con una penna ma niente da fare.
Mi sporgo come un contorsionista e mi aiuto pure con una penna ma niente da fare.
A questo punto, leggermente
agitato dalla fila che si sta formando dietro di me, apro lo sportello.. che va
a cozzare clamorosamente contro l’alto marciapiede del casello.
Io che sono maniacale nella
cura della mia carrozza rossa non oso pensare al danno provocato, anche una
piccola bozza mi toglierebbe il sonno per giorni, ma faccio finta di niente,
mentre mi rendo conto che lo sportello aperto mi impedisce ancor di più di
arrivare al pulsante.
Panico.
La fila dietro di me è
aumentata, i clacson suonano che è una meraviglia e le facce inferocite degli
automobilisti mi ricordano l’ultimo film dell’orrore che ho visto: “L’alba dei
morti viventi”.
Non mi perdo d’animo e con
l’agilità di un pachiderma esco dall’altro sportello, faccio il giro dell’auto
ed arrivo al prezioso pulsante.
Le macchine dietro ormai sono
più di dieci, le ultime non ce la fanno più e cominciano a cercare entrate più
libere, i rimanenti sono inferociti come formichieri e premono il clacson tipo
martello pneumatico, rivolgendo verso di me parole non proprio edificanti.
Riparto più veloce che posso
e mi infilo nello svincolo, ripensando soltanto dopo se la direzione presa
fosse quella giusta..
Superato questo piccolissimo
intoppo sono ormai tranquillo in autostrada, ma il biglietto di viaggio è
ancora nelle mie mani.
Lo vorrei infilare in quell’affare sopra la testa che si tira giù
per ripararsi dal sole, che in una parola sola si chiama PARASOLE, ma non
riesco.
Dopo 3 o 4 tentativi alla
cieca desisto e lo metto nel cassetto porta-oggetti.
Dal cassetto porta-oggetti
delle automobili si può tirar fuori qualsiasi cosa, tipo borsa di Eta Beta :
penne, block notes, fazzoletti, profumi, straccetti pulisci-vetri, caramelle,
accendini, lattine, resti di panini, astucci e così via..
Sono quindi abbastanza certo di non ritrovare il
piccolo bigliettino nel momento del bisogno.
Sto guidando da un
quartarello quando due elefanti della
strada decidono di superarsi davanti a me.
Stare dietro a due camion
con rimorchio affiancati non è proprio il massimo, mi mette una leggera ansia,
così tento di rilassarmi facendo finta di trovarmi dietro ad una gara di
tartarughe giganti, che fanno a chi arriva prima all’insalata.
I tempi sono un po’ lunghi.
Mi giro a guardare a destra
e sinistra e noto un cartello pubblicitario con la classica scritta da autostrada : “Dio c’è”.
Faccio in tempo a leggere
anche una irriverente continuazione al di sotto: “o ce fà”.
Mentre rido da solo, come i
matti, mi rendo conto di avere un pò di fame e di dover fare “plin plin” quindi
decido di fermarmi all’Autogrill.
L’ Autogrill dell’autostrada
rappresenta l’essenza del viaggio in automobile, lo status-symbol del girovago
che si rispetti, non ci si può non fermare in queste oasi immerse nel deserto
d’asfalto che si sta percorrendo.
Una sosta nell’Autogrill
dell’autostrada è come l’aperitivo prima di cena, è come la partita di calcetto
con gli amici, è come la sbirciatina giornaliera su facebook.. è INEVITABILE.
I mercati e i centri
commerciali non hanno più la loro attrattiva, i negozi di souvenir e gli
alimentari non sono nulla al confronto di ciò che si può trovare all’interno di
un Autogrill :
- c’è il reparto “riviste,
giornali e libri”, aggiornato con gli ultimi successi editoriali (pure quelli a
luci rosse) per accontentare ogni tipo di lettore..
- c’è il reparto
“gastronomia”, con le specialità praticamente di tutta Italia, non soltanto
della regione in cui ci si trova, dai formaggi ai liquori, dai vini alle birre,
dai salami alle crostate. Se qualcuno volesse fingere un viaggio chissàdove potrebbe comprare
nell’Autogrill vicino casa i regalini da riportare agli amici senza destare
sospetti.
- c’è il reparto delle “cose
sfiziose”, tipo il robottino parlante che risponde al saluto, il peluche che
canta e piange se non lo coccoli e altre robine del genere..
- c’è chi azzarda anche il
reparto ”varia”, con scarpe, catene da neve, shampoo, ferri da stiro tascabili,
set da cucito e capi di semplice abbigliamento, tentando di assecondare tutti i
desideri e le aspettative.
Il bancone con la
caffetteria e la vetrina con i panini pronti sono però il vero simbolo e quindi
una immancabile presenza per ogni Autogrill che si rispetti.
Non so perchè, forse per
qualche strana congiunzione astrale, ma ogni volta che entro in Autogrill
davanti al bancone incontro sempre :
1) la bellona che sorseggia il suo caffè, tutta truccata e imbellettata,
come in perenne passerella, consapevole di attirare gli sguardi di poveri
mariti e adolescenti super ingrifati.
2) la famigliola in viaggio,
insieme ai loro bimbini che
scorrazzano da tutte le parti, con in mano Coca-cola e merendine.
3) il manager rampante in
giacca e cravatta che sorseggia la sua bibita e parla di lavoro al telefonino,
senza regolarsi con il volume della
conversazione.
4) le due-tre coppie di
giovani in viaggio con le rispettive fidanzate, vestiti in jeans strappati
quanto basta, cappucci, felpe e spavaldi come pochi.
5) la gita scolastica, con
gli alunni che entrano tipo mandria di bisonti, pronti a saziarsi con patatine,
Fanta e cioccolato, mentre i loro insegnanti rimangono fuori, facendo il conto
alla rovescia per il ritorno a casa.
Quando arriva il mio turno
decido di ordinare uno dei “mitici panini da Autogrill”, d’altronde sono l’elemento fondamentale per un sano ed
allegro ristoro.
Ed il RE dei panini da
Autogrill è il CAMOGLI.
Questo nome, che ci fa
ricordare il bel paesino ligure, è una vera prelibatezza : due fette di
focaccia calda farcite con Emmenthal, prosciutto cotto, qualche foglia di
lattuga e pomodorini sono il nonplusultra della “goduria paninesca”.
Dopo il riposo, la magnata e
la bevuta, mancano soltanto due cose per completare degnamente il rituale :
1) l’acquisto del biglietto
della Lotteria
2) un salto alla Toilette
1) Le statistiche delle
vincite alla Lotteria ci fanno sognare, le grandi città e gli Autogrill autostradali
sembrano maggiormente baciati dalla fortuna, la bea bendata strizza
l’occhiolino a coloro che qui tentano la sorte e quindi perché rinunciare ad un
sogno.
Se io vincessi il primo
premio della Lotteria Italia rimarrei tranquillo, sobrio e discreto nei miei
comportamenti..
La prima cosa che farei
sarebbe di entrare a lavoro con infradito, occhiali scuri e telo da mare, anche
di inverno e mandare educatamente a quel paese tutti i colleghi antipatici.
Poi mi comprerei 42 Ferrari,
un aereo privato, 12 yacht e una ventina di ville con piscina, tutte sul mare,
con spiaggia privata.
Concederei il saluto
soltanto a ricconi, VIP e top-model e mi farei fotografare ai gran premi di
Formula 1, nelle tribune d’onore, alle feste e agli eventi super mondani.
2) Passando letteralmente
dalle stelle alle stalle, prima di ripartire bisogna fermarsi alla toilette.
I bagni dell’Autogrill non
sono proprio il massimo della vita, il livello igienico medio è pari a quello
della fogna centrale di Calcutta.
Mettersi seduto sulla tazza
del WC, toccare il pavimento magari per raccogliere qualcosa che è caduto o
soffermarsi troppo su maniglie e manopole dei lavandini equivale ad un suicidio
batterico-viral-dermatologico.
In genere ci sono delle
scale da scendere e quando arrivi in fondo trovi il tavolinetto con il cestino
per le offerte, un po’ anacronistico di questi tempi, ogni tanto qualcuno
invece di contribuire si porta via direttamente il cestino.
Si capisce subito quale è
l’entrata dei bagni delle donne, c’è sempre la fila.
Un po’ per “motivi
anatomici”, che prolungano i tempi, un po’ per “civetteria femminile” le donne
in bagno impiegano sempre più tempo degli uomini.
L’uomo nella toilette fa
quello che deve fare, in genere nemmeno si lava le mani e subito dopo esce felice
e rigenerato.
La donna ne approfitta per
fare qualsiasi cosa.
Dopo aver fatto “plin plin”
infatti, l’altra metà del cielo si avvicina al lavandino e si lava mani, viso,
collo, ascelle, piedi e si cambia pure la biancheria.
Se non c’è il sapone tira
fuori il suo detergente personale, al profumo di muschio bianco artico.
Superate le abluzioni appoggia la borsetta sul
lavabo e apparecchia con i trucchi, l’eau de toilette, i fazzolettini, il
pettine e l’asciugacapelli portatile.
Dopo 35 minuti la donna esce
dal bagno, in genere mentre il fidanzato sta chiamando i carabinieri per
denunciarne la scomparsa.
Al termine di questa
piacevole sosta si ritorna comunque in carrozza, con la mente ed il fisico
ritemprati, pronti a continuare il nostro viaggio verso il Sole.. quando una
lucina arancione ci ricorda di non aver
fatto benzina.